Jane Austin ha scritto “Orgoglio e pregiudizio”, Oriana Fallaci ha scritto “La rabbia e l’orgoglio”… e adesso anche io, nonostante non abbia assolutamente la stessa grandezza, scrivo qualcosa sull’orgoglio. Naturalmente sarà un articolo molto easy, scritto “un po’ più di pancia”, ma anche con piccole riflessioni.
La domanda che ogni tanto mi pongo è: quanto l’orgoglio possa essere un’arma a doppio taglio?
Anche perché se ci riflettiamo bene, noi confondiamo spesso le parole dignità e orgoglio, usandole alla pari di due sinonimi.
Ma in realtà si tratta di due cose ben distinte tra loro: la dignità è il rispetto verso sé stessi che ci fa comportare umanamente con gli altri senza, però, umiliarci. L’orgoglio, invece, è la fiducia che abbiamo nelle nostre capacità e che ci rende consapevoli, più o meno, del raggiungimento di determinati scopi.
E già qui dovremmo capire la differenza sostanziale tra i due, perché nel primo si parla di rispetto di sé stessi, nel secondo si parla di fiducia in sé stessi.
Capita che quando ci troviamo nel bel mezzo di una discussione con amici, parenti, fidanzati o amanti, di colpo l’importante non è più avere un dialogo costruttivo con l’interlocutore, ma prevaricarlo, pensare di essere nel giusto e non cedere.
A volte “vincere” un alterco diventa più una questione di principio che di vera e propria ragione.
E questo atteggiamento, a lungo andare, non può far altro che logorare qualsiasi rapporto.
Però non ci si accorge di questo processo mentale che si innesca anche in maniera involontaria e, la maggior parte delle volte, quando ce ne rendiamo conto è troppo tardi e abbiamo già combinato qualche danno, a volte irreversibile.
Vi parla una che ha un orgoglio grosso quanto l’Everest. Spesso, proprio perché si confondono la dignità e l’orgoglio si commettono azioni che possono risultare infantili. Una di queste potrebbe essere il cosiddetto “trattamento del silenzio”, quello che io per prima, a torto, applico quando qualcuno mi ferisce in maniera grave: lo ignoro quasi completamente, rispondendo a monosillabi e il mio atteggiamento è spesso ostile. Finché l’altro non mi chiede scusa fustigandosi dietro la schiena o camminando sui carboni ardenti o in ginocchio sui ceci o che mi fornisce una spiegazione più che esaustiva che giustifichi il suo comportamento, non sono disposta a fare un passo indietro.
Oppure, quando vengo ferita nell’orgoglio c’è la possibilità che io diventi “ignorante”, l’istinto è quello di voler ferire l’altra persona così come lei ha ferito me, arrivando addirittura sul piano personale (lo so, non è affatto bello), con insulti e brutte parole che, spesso, non penso affatto… Ma che in quel momento risultano essere un’arma invincibile di difesa, una spada forgiata dalla rabbia. A voi non capita e poi vi pentite?
Quando siamo tanto incazzati con qualcuno e pensiamo di avere ragione, perfino il “farsi sentire per primi” diventa un segno di debolezza, un cedimento che non dobbiamo permetterci. A volte questo comportamento può essere giustificato dalla situazione, mentre altre volte è meglio mettere per un momento da parte la rabbia e l’orgoglio per poterci aprire al chiarimento, quello vero, quello adulto.
L’orgoglio è un’emozione positiva solo se gestita nelle giuste dosi. Si può essere orgogliosi di ciò che si è e dei traguardi raggiunti, si può essere orgogliosi del proprio Paese (per quanto riguarda l’Italia, speriamo), delle proprie origini, delle proprie certezze e dei propri principi morali, tranne quando la propria certezza e il proprio principio morale ti fanno fare del male agli altri.
Ma quando si esagera con l’orgoglio, entra in gioco una frase che io pubblico sempre sui social, come una sorta di evergreen: “È la convinzione che fotte la gente”.
Si è convinti che rimanendo inflessibili sulle proprie decisioni si possa rispettare sé stessi: è l’aprirsi al dialogo e alla maturità che ci permette di crescere nelle relazioni, amorose o no che siano.
Invece, molte volte, decidiamo di chiuderci a riccio, di ergere un muro fatto di cemento armato perché deve essere l’altro a venirci incontro, poiché sappiamo, o meglio siamo convinti, di avere ragione. E a volte è proprio così, ma se la posta in gioco è alta, abbassare la testa diventa una resa per un probabile bene più grande. E in un mondo che sta precipitando sempre più verso l’apatia, l’indifferenza, l’egoismo e i finti sentimenti, forse alzare bandiera bianca sarebbe un grande passo.
Io stessa ho fatto e continuo a fare scelte a volte sbagliate a causa di questo orgoglio e per molti di noi, metterlo da parte, significa anche esporsi, in qualche modo risultare vulnerabili e questo non piace a nessuno.
Anche perché l’orgoglio, soprattutto in casi dove sono la rabbia, la frustrazione, l’esasperazione e la collera a guidarlo, diventa l’ombra di un’arroganza colossale. Ci sentiamo talmente sotto attacco non solo da chi ci ha fatto un ipotetico torto, ma dal mondo intero, che crediamo di dover ergere questo muro contro “il nemico”, per poter nascondere le nostre insicurezze e le nostre paure, perché troppo incatenati al nostro pensiero per capire quando è il caso di deporre le armi.
Ovvio, non sto dicendo che l’orgoglio sia sbagliato, anzi, nelle giuste dosi e laddove dall’altra parte qualcuno ci abbia fatto realmente del male, è assolutamente lecito e giustificato, perché costruisce in qualche modo la nostra autostima, come dice Gianluca Minucci (cliccando sul suo nome potete accedere al suo profilo Instagram), un mio caro amico, psicologo, un grande professionista, che spesso mi fornisce pareri e consulenze preziosi per i miei articoli (potete trovare il suo profilo su Instagram cliccando qua accanto, sul suo nome Gianlucapsy). Bisogna essere in grado di distinguere quando è il caso di tenere alzato questo scudo nei confronti di qualcuno oppure no. Non è, tuttavia, un’impresa semplice, come dice Gianluca: quando si è interni alla vicenda, difficilmente si riesce a percepire il confine tra conservazione della propria dignità e orgoglio posto come roccaforte di difesa. Solo una volta messi di fronte alle conseguenze negative di tale orgoglio, siamo in grado di percepirlo per poter, in seguito, saperlo gestire una volta successiva.
Ma un indizio può essere questo, dice Gianluca: quando si tratta di proteggere la propria dignità, si parla dell’attacco verso i nostri valori che consideriamo inalienabili e fondamentali.
Se, per esempio, si considera la fiducia all’interno della coppia come valore inalienabile, il porre fine alla relazione per colpa del tradimento non è sintomo di un orgoglio tossico, ma della violazione di un valore inalienabile. In questo caso, dunque, si parla di dignità personale.
Se, al contrario, si lascia il traditore, ma noi per primi lo abbiamo tradito in passato, in questo caso specifico si parla più di orgoglio, perché entra in gioco anche l’ipocrisia.
Però, come dicevo prima, è molto difficile capire la differenza quando si è direttamente coinvolti. Sarebbe il caso di porre domande del tipo: “Ehi, ma perché non scrivi alla tua ragazza/al tuo ragazzo?”… forse la risposta a questa domanda è la giusta chiave di lettura per capire che cosa ci spinge davvero a intraprendere certi percorsi: il principio, l’orgoglio, la dignità, i non sentimenti? Non perdete i treni…
Dobbiamo essere in grado di avere anche la giusta dose di umiltà, smettere con l’orgoglio tossico che è buono solo per nutrire l’arroganza. E sta a noi, con la maturità, l’intelligenza, l’esperienza e l’anima, comprendere quando ci si può permettere di farlo. Perché come dice Fabrizio Caramagna, grande aforista italiano: “Bisogna imparare a chiedere scusa. L’orgoglio ci intrappola, l’umiltà ci libera.”