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La controversa anima misteriosa della religione voodoo

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Sfogliando gli eventi e leggendo le notizie di cronaca quotidiana, mi sono imbattuta nella biennale di Venezia 2024 (fino al 24 novembre), ovvero l’Esposizione internazionale d’arte tra le più antiche e le più prestigiose del mondo, e ho notato che il Benin sta partecipando con la sua rassegna artistica “Everything Precious is Fragile” (“Tutto ciò che è prezioso è fragile”), colgo quindi l’occasione per parlarvi di un aspetto culturale e sociale tipico di questa parte del nostro pianeta, perché sono sempre stata affascinata dal voodoo, che è anche la loro religione. Le opere messe in mostra, infatti, si propongono come narratrici della storia di questa nazione, affrontando tematiche molto particolari e complesse come la tratta degli schiavi, la spiritualità, le Amazzoni, il cosiddetto pensiero Gèlèdé (un’interpretazione femminista basata sul concetto di “restituzione” e denominata “rematration”), ma anche, appunto, la religione Voodoo.

Gli artisti prescelti per raccontare questa affascinante storia sono: Moufouli Bello (artista visivo e digitale), Chloé Quenum (artista politica, sociale ed ecologica), Ishola Akpo (artista visivo poliedrico) e Romuald Hazoumé (artista celebre per le sue maschere).

Tra l’altro, il Benin, uno dei Paesi meno sviluppati dell’intero continente africano, sta vivendo un momento di rivitalizzazione artistica degna di nota, con il rimpatrio di ben 26 opere dalla Francia, confiscate durante la sua permanenza nel Regno del Dahomey.

Quindi, senza indugiare oltre, voglio approfondire questa identità decisamente spirituale.

Quanti di voi hanno pensato di infliggere un danno fisico a chi vi aveva fatto un torto, tramite una bambolina e una manciata di spilloni, condizionati da certe storie? Nessuno? Pochi? Siete delle bravissime persone, ma scommetto che anche voi candidi e puri, avrete sentito parlare più volte delle famose bambole voodoo.

E sono anche sicura che in molti siano super informati di come avvengano questi riti ricchi di sangue, sacrifici, zombie ed energie oscure, soprattutto grazie a ciò che viene mostrato al cinema… Mi sono appena resa conto che questa premessa non è proprio tutto questo spiraglio di luce e leggerezza ahah.

Bene, sappiate che quello che viene narrato nei film, bambole comprese, nella maggior parte dei casi, non corrisponde affatto alla verità su questa cultura, almeno per me, decisamente affascinante, anche se all’apparenza inquietante.

Fin da bambina, l’esoterismo, l’occulto, la stregoneria mi hanno sempre affascinata. Il mio punto preferito del cartone della Disney “Biancaneve e i Sette Nani” era la trasformazione della strega o, ne “La Bella Addormentata nel bosco”, Malefica che si trasformava in drago. Anche Halloween (o “notte del Samhain” o “Triplice Sabbat”, se preferite l’originale dicitura pagana) nonostante sia passato da un bel pezzo, è una delle mie festività preferite, nonché la più oscura di sempre. Ho deciso quindi di gettarmi a capofitto nello “studio” dei rituali voodoo e di approfondire le mie conoscenze sull’argomento, proponendovi quella che è la vera faccia di questo mondo così misterioso, dove, in effetti, sangue e sacrifici sono all’ordine del giorno, ma non nel modo in cui immaginate.

Comunque, in questo scritto, non mancherà una buona dose di pratiche magiche, stregoneria e magia nera con annesse maledizioni (no, non nel senso che io vi maledico, ovviamente).

Partiamo subito nel definire che cos’è il voodoo e anche in quanti modi si scrive.

Conosciuto anche come vodou (creolo), vaudou (francese), vodun o vodoun (lingua fon, no, non quello per asciugare i capelli… pessima battuta, me ne rendo conto), vodu, vudu, vodon, vudun, voudon, voudun, voudou, voudoun, voodoo (secondo me tutte queste varianti sono state accettate nella lingua anglosassone perché nessuno sapeva come diavolo scrivere questa parola), sevi loa, luiduismo o naniguismo (tranquilli, i nomi sono finiti), il voodoo è una vera e propria religione che vede le sue origini in Africa.

Anzi, se proprio vogliamo dirla tutta, è uno dei culti più antichi del mondo, il cui inizio non ha neanche una data storica precisa, se non quella, forse, dell’inizio della civiltà umana.

La sua versione più “moderna”, se così si può definire, affonda le sue radici intorno al XVII e XVIII secolo.

Per essere accurati, il voodoo nacque in una particolare parte dell’Africa, ovvero il Regno di Dahomey, per l’appunto un regno la cui durata fu di poco più di tre secoli (dal 1600 al 1904), situato in quello che oggi è conosciuto come Benin o Repubblica del Benin, dove il voodoo è una religione considerata ufficiale, alla quale aderisce l’80% della popolazione.

Il voodoo è una religione animista con caratteri sincretici. Con queste parole molto strane vi sento confusi, ora vi spiego.

Con animismo si intendono tutte quelle religioni e tutti quei culti la cui prerogativa è la presenza di elementi divini o sovrannaturali. Ma le divinità in questione non sono trascendenti (cioè oltre i limiti della conoscenza e della realtà, quindi per esempio Dio), al contrario, secondo l’animismo, alcune realtà fisiche sono intrise di spiritualità, essa stessa racchiusa nel concetto di anima (da cui deriva il nome). Naturalmente, non mancano i demoni o anche altri tipi di presenze.

Infatti, già la parola stessa “voodoo”, in lingua fon, significa “spirito” o “divinità”.

Con la parola sincretismo, invece, si designa la fusione tra connotati di natura cristiana e il culto tradizionale (in questo caso, il voodoo).

Ma che centra il cristianesimo con il voodoo?

Beh, con la tratta degli schiavi in America fu inevitabile l’assorbimento e l’assimilazione di una delle religioni più conosciute al mondo, anche per una sorta di “sprezzo”, ma di questo ve ne parlerò nel dettaglio tra poco. Sappiate solo, per farvi un’idea, che questa fusione è molto simile a quella avvenuta tra cristianesimo e culti pagani di varia natura, come, per esempio, il Natale cristiano che ha “rubato” un po’ di elementi dai culti romani (la data, per citarne uno, quando in realtà si celebrava il Sol Invictus, con cui si potevano identificare divinità come Apollo o Mitra) o dai culti vichinghi, da cui nasce la figura di Babbo Natale, niente di meno che Odino in persona, che partiva per una battuta di caccia insieme ad altre divinità e alle anime dei caduti in battaglia; i bambini lasciavano i loro stivali accanto al camino, colmi di paglia per poter sfamare i cavalli di Odino ed egli, per ricompensarli, li riempiva di regali.

Anche la Pasqua è un classico esempio di influenza pagana nel cristianesimo: secondo voi, Gesù Cristo deponeva le uova? Assolutamente no, deriva tutto dalla celebrazione della divinità pagana Ostara (o Eastara, da cui il nome in inglese Easter, appunto Pasqua), associata alla fertilità.

Tutto ciò giusto per farvi capire come funziona una fusione tra religioni diverse.

Ma torniamo al voodoo.

Anche i vuduisti hanno un loro dio supremo, ma è troppo lontano rispetto a noi, quindi inconoscibile. L’unico dettaglio noto è il suo nome che, secondo la tradizione africana, può essere Mawu, Olorun o Gran Met, una storpiatura francese dell’espressione “Grand Maître”, che significa “Grande Maestro”.

Ma non è lui con cui i vuduisti entrano in contatto durante i loro riti.

I vuduisti, infatti, si approcciano ai cosiddetti loa, spiriti o divinità minori. Ed è qui che entra in gioco la fusione tra cristianesimo e voodoo.

Il “grande capo” dei loa, il pezzo grosso che protegge la casa, i suoi abitanti, i villaggi e i mercati e che funge da messaggero tra dei e uomini, è Papa Legba, raffigurato quasi sempre come un vecchio zoppo, che cammina con l’aiuto di un bastone o una stampella. Questo è un loa benevolo e anche scherzoso, se lo veneri e lo rispetti, altrimenti sa diventare estremamente violento. Proprio per questa sua caratteristica, cioè il fungere da messaggero tra i due mondi, che accompagna le anime dal mondo dei vivi al mondo dei morti, corrisponde alla figura di San Pietro nel cristianesimo, che custodisce le chiavi per aprire i cancelli del Paradiso.

La sua controparte oscura è Met Kalfou.

Perché come in ogni religione o anche credo filosofico, non c’è luce senza buio e viceversa, altrimenti non si riconoscerebbe la differenza tra l’uno e l’altro.

Poi c’è Erzulie, una sorta di Afrodite della cultura voodoo: ella infatti incarna l’energia vitale femminile, la bellezza, l’amore, la fertilità, il matrimonio, la gelosia, anche la vendetta e la discordia (eh se vuoi uomini ci fate arrabbiare, noi donne diventiamo diaboliche, altroché). Ma Erzulie rappresenta anche la ricchezza, infatti viene sempre raffigurata con la pelle bianca (proprio perché, soprattutto una volta, essere bianchi era uguale a essere ricchi). È sposata con tre loa: Damballa, Agwe e Ogoun. Ma attenzione, se immaginate una ginnastica da letto senza precedenti, sappiate che non è affatto così: infatti, Erzulie è provocante e sensuale, ama sedurre gli uomini e trascinarli in danze sfrenate, ma è vergine, proprio perché non vuole simboleggiare l’amore semplicemente carnale e sessuale, ma un amore più profondo e spirituale. Per la sua verginità, viene associata spesso alla Vergine Maria.

 

Damballa, il primo marito di Erzulie, è una divinità serpente, estremamente benevolo, amorevole, tra i loa più antichi, così saggio che le sue parole non possono essere udite dalle creature inferiori a lui, ma possono essere percepite solamente come un sibilo. Egli rappresenta la fertilità, mentre la sua seconda moglie, Aida Wedo, anche lei un serpente, è la sessualità. Infatti i due vengono spesso riprodotti come due serpenti in amore, attorcigliati tra loro.

Il secondo marito di Erzulie, Agwue, è un po’ il Poseidone della religione voodoo: egli è il sovrano dei mari, della vita che li popolano e anche responsabile della sorte dei marinai e delle loro barche durante la navigazione. Anche lui ha un’altra amante, oltre a Erzulie, e si chiama La Sirène.

 

Infine c’è il terzo consorte di Erzulie, Ougun, il loa del ferro e della guerra, protettore della creatività scientifica e delle attività manuali, fabbro delle divinità. Non a caso, è sempre mostrato coperto di ferro.

Ma non ci sono solo i loa. Esistono anche i Ghede o Guede, ovvero le divinità dell’oltretomba. Tra loro figura, primo fra tutti, un’entità composta da due facce, cioè Papa Ghede e Baron Samedi, che sono entrambi la personificazione della morte.

Il primo è il lato “buono” della morte, che si occupa del defunto una volta varcata la soglia dell’oltretomba. Inoltre, controlla anche la resurrezione, facendo capire che la morte non è una fine, ma l’inizio di qualcos’altro. E la vita nell’aldilà con lui non è di certo noiosa: ama bere, danzare, cantare, fumare, scherzare e far ridere, inoltre incarna l’erotismo, il sesso sfrenato. Non solo: egli è il protettore dei bambini, non gli piace vederli morire e cerca in tutti i modi di soccorrerli e salvarli quando sono malati.

Il secondo, invece, è il lato più cupo del trapasso, scherzoso come Papa Ghede, ma con una personalità decisamente più cinica… una sorta di Beetlejuice. Viene rappresentato un po’ come una sorta di becchino, che scava le fosse per i morti, strettamente connesso con la magia nera, protegge coloro che muoiono per mano di una maledizione lanciatagli contro. Ha una moglie, Maman Brigitte, la regina del cimitero, che canta e balla tra le tombe, proteggendo solo quelle contrassegnate da una croce.

Tuttavia, dato che entrambi raffigurano la morte, non sempre si possono distinguere nettamente le due facce.

Naturalmente esistono altri loa e Ghede, ma vi ho elencato i principali e maggiormente conosciuti.

Ovviamente, tutte queste entità esoteriche non possono non essere il soggetto principale di una qualche forma d’arte, come già vi ho detto sopra.

Uno dei momenti forse più magici e mistici di cui si è a conoscenza in campo voodoo è il festival del Benin, uno tra i più famosi di tutta l’Africa Occidentale. Si tiene il 10 gennaio, con cadenza annuale, nella città di Ouidah (nel Benin, appunto).

E si può dire, senza ombra di dubbio, che si tratta di un tripudio di maschere, danza, musica e teatro magico. Ogni divinità ha il proprio orpello o marionetta, volta non solo a divertire i presenti e anche i profani, ma anche a raccontare questa storia dal sapore ancestrale. Queste sono le cosiddette maschere Gelede, dai colori e dai caratteri molto vivaci e solo apparentemente buffi e burleschi.

Poi ci sono le maschere Egun, ovvero una rappresentazione degli spiriti dei defunti. Vengono solitamente indossate dagli iniziati al culto, con vestiti caratteristici dalle tinte brillanti. Chi si cela sotto questo vestiario è incaricato di sbucare fuori dal nulla e di inseguire chiunque gli capiti a tiro. E guai a essere toccati da loro: se accade, questo gesto rappresenta un pericolo di morte. Praticamente giocano a “Ce l’hai!”, anche se dall’esterno può sembrare tranquillamente una specie di corrida.

Le maschere di Zangbeto sono, sicuramente le più curiose: fatte di paglia vivace, coprono interamente la persona che la indossa, celandone l’identità. In effetti, chi porta queste maschere fa parte di una società segreta e il suo nome e il suo volto sono totalmente sconosciuti agli iniziati. La loro presenza, durante il festival, segna un momento di trionfo, poiché incarnano gli spiriti non umani, legati alla Natura, esseri così antichi da aver solcato la Terra prima dell’arrivo dell’Uomo.

Zangbeto, col suo abito di paglia, balla ruotando su sé stesso, simboleggiando un’operazione di “pulizia spirituale miracolosa”.

Ho menzionato la magia nera ed effettivamente si crede che il voodoo vada a braccetto con le energie oscure e negative. Niente di più sbagliato.

Innanzitutto, dimenticate le bambole e gli spilloni, perché non fanno propriamente parte di questa cultura. Associarle necessariamente a essa è un errore comune, non solo per i film di Hollywood che le mettono in scena in questo modo, ma anche perché l’utilizzo di queste bambole per arrecare danno ad altre persone, è correlato a un altro tipo di magia in particolare, con un nome molto simile: l’hoodoo, ovvero una pratica nata tra gli schiavi neri nel sud degli Stati Uniti.

L’hoodoo è una vera e propria pratica magica che può essere utilizzata anche dai vuduisti, anche se, in realtà, la simbologia connessa a essa è cristiana. Infatti, l’hoodoo può essere praticato da chiunque, a prescindere dalla religione di appartenenza.

Si confonde spesso con il voodoo anche perché in Luisiana è nata una “branca” del voodoo strettamente correlata alle arti magiche, alle maledizioni, ai riti propiziatori e via dicendo.

Ed è nell’hoodoo che si trova la famosa bambolina.

Ma ora, ecco un momento del famoso “Art Attack”, perché vi spiego, per sommi capi, come preparare e usare una bambola hoodoo voodoo. Per questo “attacco d’arte” (chi è della mia generazione, ovvero coloro nati negli anni ’90, sa perfettamente di cosa sto parlando), non ci serviranno forbici dalla punta arrotondata, colla vinilica o cotone, ma le unghie, i capelli, i pezzi di vestiti e un po’ del sangue (non voglio sapere come ve lo procurerete, affari vostri) della persona che ci interessa, ovvero l’individuo che verrà associato alla nostra bambola.

A questo punto, dopo aver apposto la foto della persona che vogliamo “graziare, proteggere o maledire”, passiamo alla purificazione, con dell’acqua salata (qualsiasi mare o sale farà al caso vostro), con dell’incenso o sotterrandola in giardino per un po’ di tempo… Chi non ha un giardino usi il vaso dei gerani della nonna o della mamma. Una volta “ripulita” da qualsiasi energia passata (mettete caso che l’ago e il filo che avete usato per cucirla non siano stati già utilizzati per questo scopo in passato), si invoca Papa Legba, si associa il nome della persona di nostro interesse alla bambola e si procede con il rito, contrassegnato spesso da colori ben specifici: il nero se volete maledire, il bianco per benedire, il giallo per richiamare il successo, il rosso per invocare amore e passione e il verde per auspicare ricchezza.

Se volete andare sul sicuro con tutto l’occorrente per realizzare la vostra bambolina, oltretutto, esiste Akodessewa, il più grande mercato vudù al mondo, situato in Togo (confinante con il Benin sul lato ovest), dove si può veramente trovare ogni cosa e di più per i riti voodoo: dagli ingredienti per le pozioni ai talismani, oggettistica particolare, bottiglie contenenti strani intrugli, erbe, resti animali, amuleti e feticci di ogni genere. Molto folkloristici agli occhi di noi occidentali.

Ma fate attenzione alle maledizioni, perché certe magie e certe pratiche seguono la legge del karma: se richiami il male, esso, prima o poi, ti tornerà indietro.

Infatti, il voodoo si concentra maggiormente sull’energia positiva: come ha spiegato la giornalista Pumza Fihlani in un servizio per BBC Africa, i vuduisti credono fermamente che sia sempre necessario compiere buone azioni, poiché chi fa del male verrà inevitabilmente punito, come dicevo sopra.

Ovviamente le mele marce non mancano, quindi nel voodoo è presente anche la magia nera, esattamente come esistono, nel cristianesimo, persone che commettono peccati ogni giorno.

È ciò che succede, tragicamente, con il cosiddetto juju, ovvero un rito voodoo attuato nei confronti delle giovani ragazze in questo caso nigeriane (perché come accennavo sopra, il voodoo è praticato in diverse parti del mondo oltre al Benin) che, una volta raggiunto l’Occidente, vengono costrette a prostituirsi per saldare il proprio debito per l’espatrio. Durante la cerimonia, che avviene quando le malcapitate si trovano ancora sul suolo africano, vengono loro prelevati peli, capelli e sangue, contenuti poi in un vaso che viene sigillato. Da quel momento, le poverette saranno costrette a obbedire a tutti i comandi della “madàm” o del “trafficante”, pena la morte da parte del semidio Eshu, che manderà degli spiriti a perseguitare la ragazza. Tutto questo “grazie” al plagio subìto dalle credenze popolari… Tutte le religioni, in fondo, sono dei plagi mentali, senza voler essere blasfema o irrispettosa, ma puramente razionale. Vi parlo meglio di questo concetto in quest’altro mio articolo che potete leggere cliccando qui.

Qualcosa di vero nei film, però, c’è: i sacrifici animali. Nel voodoo, è appunto consuetudine sacrificare animali durante un rituale per mettersi in contatto con un loa specifico, la cui carne viene poi consumata dai partecipanti.

Per esempio, in onore di Papa Ghede, vengono sacrificate le galline nere e le capre, oltre che offerte aringhe, peperoncini piccanti e banane, di cui è ghiotto.

Oppure, a Ougoun, poiché associato al colore rosso, viene offerto il sangue di maiale e galletti rossi.

Mentre altri loa non richiedono necessariamente lo sgozzamento di qualche bestia: per esempio, sia Agwe che Damballa preferiscono rispettivamente una barca piena di leccornie e champagne (alla faccia, si tratta bene) e prodotti come uova, farina, uva, meloni, banane e riso.

Nel caso di Agwe, il rito consiste nel far navigare questa barca piena di cibo sulle acque del mare: se la barca affonda, il dio è soddisfatto e ha accettato l’offerta, mentre se l’imbarcazione si incaglia da qualche parte, significa che non ha apprezzato a sufficienza, quindi, per non farlo adirare, bisogna donargli la vita di due pecore bianche (un po’ esigente…).

Questi rituali, celebrati grazie alla presenza di sacerdoti e sacerdotesse voodoo chiamati rispettivamente ourgan e mambo, se hanno successo, possono portare a una possessione da parte del loa celebrato in quel momento. La persona presa di mira dalla divinità entra in uno stato di trance (spesso scambiato per una sorta di “apocalisse zombie”, ecco perché vengono collegati anche gli zombie alla cultura voodoo, anche se c’entrano poco e niente) e comincia a fare strani movimenti, assume atteggiamenti completamente diversi, addirittura cambiando voce. Il loa agisce per un periodo limitato tramite il corpo del soggetto, addirittura imponendo il proprio sesso. E questo che significa? Durante i riti orgiastici (perché sì, possono capitare benissimo nella cultura voodoo), se il loa maschio prende possesso del corpo di una donna, prediligerà accoppiarsi con altre donne, non con altri uomini e viceversa.

Ovviamente, la spiegazione razionale giustificherebbe lo stato di trance non con una possessione, ma con una suggestione indotta dalla musica dei tamburi e dall’atmosfera.

Certo, però dov’erano le spiegazioni razionali durante i tempi bui della stregoneria? Perché se di magia si parla, la stregoneria va necessariamente menzionata, ma vi rimando a un nuovo episodio settimana prossima.

Comunque, credo che i cinefili come me, della mia generazione, si siano approcciati a questo mondo soprattutto grazie alla terza stagione di “American Horror Story”, ovvero “Coven”, ambientata a New Orleans.

E se c’è qualcosa di vero in quella storia è proprio lei, la regina del voodoo: Marie Laveau.

Nacque il 10 settembre del 1804, frutto dell’amore tra una schiava liberata e un ricco uomo d’affari creolo. Fu proprio la madre a iniziarla alle arti magiche, fin da quando era bambina. Già a 18 anni, con il suo consorte, un afroamericano libero, praticava riti voodoo di nascosto, ma il trauma della successiva scomparsa dell’uomo, la portò a praticarli sotto gli occhi di tutti.

Marie Laveau aprì un negozio di parrucchiere, dove poteva non solo rimanere a stretto contatto con le donne più influenti di tutta New Orleans, ma nel retrobottega, anche offrire loro i suoi cosiddetti “servizi extra”: riti di ogni sorta, pozioni, bambole e via dicendo. Il potere di Marie Laveau non aveva limiti, proprio perché combinava elementi cristiani con la magia africana, comprese maledizioni così potenti, da interessare anche le generazioni successive del malcapitato. Addirittura, si racconta che Marie Laveau lanciò una terribile maledizione contro il suo secondo marito, che aveva cercato di ucciderla (lei aveva fatto bene, a mio avviso): quella notte, alcuni testimoni giurarono di aver visto “un branco di ombre mostruose” aggirarsi per le strade della città ed entrare nelle abitazioni del marito e di altri 15 uomini; il giorno dopo furono trovati tutti massacrati, alcuni con il collo completamente spezzato.

Nonostante l’utilizzo della magia nera da parte di Marie Laveau, il suo scopo era aiutare sempre chi aveva bisogno, a prescindere da chi fosse.

Morì il 16 giugno del 1881 e ancora oggi, a New Orleans, quel mese è molto importante per i vuduisti. E Marie Laveau continua a proteggere e tenere d’occhio i suoi discendenti e i suoi cari, proprio perché questa religione che oggigiorno si pratica ad Haiti (principalmente), in Africa occidentale, in Louisiana, ma anche a Cuba, in Brasile, in Porto Rico e in Repubblica Dominicana, si basa proprio sul concetto che il mondo dei vivi e il mondo dei morti coesistano e siano strettamente collegati.

Insomma, di luoghi comuni sul voodoo e sulla stregoneria in generale ce ne sono molti, ma molti di essi non sono veri o sono serviti, in passato, per denigrare questa pratica, soprattutto da parte di religioni come il cristianesimo.

Alcuni hanno persino alimentato queste dicerie su maledizioni, possessioni e magie per raggiungere i propri scopi: è il caso del dittatore Jean-Claude Duvalier, detto anche Baby Doc (1951 – 2014), presidente di Haiti dal 1971 al 1986.

Tra i vari crimini commessi, oltre allo sperperare il denaro pubblico insieme a una congrega di suoi seguaci denominati “dinosauri”, fu responsabile della sparizione e molto probabilmente della morte di numerosi suoi dissidenti politici, giustificandosi dicendo di essere posseduto da Baron Samedi (che, ironia della sorte, data la sua indole, si sarà infuriato per questo affronto, soprattutto perché protegge le vittime della magia nera).

Ma da qualsiasi punto di vista si possa osservare il voodoo, che sia esso folklore, religione o magia vera e propria, non si può negare ciò che dice lo scrittore e poeta brasiliano Paulo Coelho: “La magia è un ponte che ti permette di passare dal mondo visibile a quello invisibile. E imparare le lezioni di entrambi i mondi.”

Scritto da Camilla Marino

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