Eccomi nuovamente a porvi uno dei miei soliti quesiti: tra le varie lacune da colmare in campo scientifico, qual è il pezzo da novanta, il pesce grosso, il capodoglio che non aspetta altro di essere scoperto?
Ovviamente sto parlando della possibilità di viaggiare nel tempo.
Non so voi, ma ho sempre trovato questo tema decisamente interessante, anche perché le congetture che vi ruotano attorno sono tante e tutte egualmente possibili.
In che senso, mi chiederete voi? Sono qui proprio per spiegarvi tutto quello che è stato scoperto fino a ora sul viaggio nel tempo e per cercare di capire, nel mio piccolo da profana ovviamente, quanto esso possa essere fattibile.
State tranquilli, state seduti, perché qua si parla di fisica e paradossi, ma cercherò di semplificare il tutto.
Come al solito, partiamo dalle origini. Il vero pioniere sull’argomento non è stato né un matematico, né un fisico teorico, né uno scienziato, ma uno scrittore, ovvero Herbert George Wells (1866 – 1946): infatti, un po’ come Orwell che con il suo “1984” aveva più o meno previsto il futuro, Wells portò per la prima volta nella storia la teoria dei viaggi nel tempo sotto la luce dei riflettori con il suo romanzo “La macchina del tempo”, pubblicato nel 1895.
Per l’uomo fu lo sparo di partenza per oltre un secolo di ricerche, che continuano ancora oggi.
Ma perché non siamo ancora riusciti a viaggiare nel tempo?
Detta in parole estremamente povere, conosciamo la teoria, ma non sappiamo come metterla in pratica.
Mi spiego subito: innanzitutto, per rendere possibile un viaggio nel tempo c’è bisogno di energia negativa, che può essere creata artificialmente, ma in quantità poco significative e ridotte per poterla sfruttare. (Per non dilungarmi in dettagli di fisica quantistica, cliccando su questi due link https://www.asimmetrie.it/un-mare-di-antimateria e https://it.wikipedia.org/wiki/Energia_del_vuoto , potrete approfondire l’argomento)
Questo è il primo scoglio, ovvero la nostra effettiva capacità di scrivere equazioni che si sposino perfettamente con la nostra teoria della relatività, ma che non sono realizzabili dal momento in cui non disponiamo della “materia prima” nella realtà.
Ma cos’è la teoria della relatività? Noi abbiamo sempre identificato questo termine con il celebre fisico tedesco Albert Einstein, ma non è del tutto esatto, poiché essa è un insieme di teorie che comprendono anche la relatività galileiana (da Galileo Galilei) e il principio di inerzia (quindi si parla di meccanica classica).
Ciò che è stato partorito da quel genio di Einstein sono la relatività ristretta (datata 1905) e la relatività generale (datata 1915). Questi due “tipi” di relatività, per dirla in maniera spartana e “ruspante”, hanno dato vita alla concezione di spazio e di tempo non più come entità separate, ma come un’unica dimensione plastica battezzata spaziotempo.
E per “plastica” non si intende quella gettata in mare dagli incivili: questo termine indica che lo spaziotempo, essendo quadridimensionale (lunghezza, larghezza, profondità più il tempo, calcolato come una dimensione), può essere elastico e quindi cambiare forma… esattamente come la plastica.
Forse non è così scontato affermare che quando si parla di viaggi nel tempo, alla fine, si parla automaticamente anche di viaggi nello spazio (no, non quello interplanetario, ma inteso proprio come luogo fisico). Se così non fosse, viaggeremmo nel tempo, sì… ma dove diavolo ci troveremmo? Nel vuoto cosmico? Nel bagno di una discoteca thailandese? Non si sa.
Sembra che stia facendo un discorso lunghissimo e complicato, ma credetemi che tutta questa fisica (e non parlo di educazione fisica dove si suda e si puzza) serve per comprendere meglio la teoria dei viaggi nel tempo.
Con relatività ristretta (o relatività speciale) si pone l’obbiettivo di far andare d’amore e d’accordo la relatività galileiana (la quale dichiara che le leggi della meccanica hanno la medesima forma rispetto a qualsiasi sistema di riferimento dove vale il principio di inerzia) con le equazioni delle onde elettromagnetiche (dove la velocità della luce è rappresentata come una costante).
Il primo postulato (principio non dimostrato che, però, spiega i fatti con validità a priori) della relatività ristretta enuncia: “Tutte le leggi fisiche sono le stesse in tutti i sistemi di riferimento inerziali”.
Il secondo postulato si incentra sulla velocità della luce: “La velocità della luce nel vuoto ha lo stesso valore di tutti i sistemi di riferimento inerziali, indipendentemente dalla velocità dell’osservatore e di quella della sorgente.”
Per quanto riguarda, invece, la relatività generale, molto sinteticamente si concentra sull’accelerazione nei pressi di una forza gravitazionale.
Questa è la vera chiave di volta per quanto riguarda la comprensione dei viaggi nel tempo.
Infatti, grazie alle osservazioni effettuate dal nostro caro scienziato che fa la linguaccia, abbiamo capito che lo spaziotempo si può curvare in due casi: secondo la relatività ristretta, in un sistema cinematico (geometria del movimento) di corpi a velocità diverse; secondo la relatività generale, quando vi è un campo gravitazionale.
Detta in maniera elementare: il tempo scorre in maniera differente a seconda della forza del campo gravitazionale (forze attrattive di un corpo dotato di massa).
Vi do un compito a casa: guardare il film “Interstellar”, uscito nel 2014 con la regia di Christopher Nolan, interpretato da Matthew McConaughey, Anne Hathaway, Jessica Chastain, Michael Caine, Matt Damon, Timothée Chamalet e Mackenzie Fox. Oltre che essere un capolavoro, spiega perfettamente il concetto di spaziotempo legato alla gravità, la trama del film ruota attorno a esso.
Infatti, viaggiando nello spazio e avvicinandosi ai vari corpi celesti e ai buchi neri, si scoprirà che il nostro orologio scorrerà in maniera diversa rispetto a quello del nostro pianeta. Senza che ci si possa accorgere, saremo proiettati nel futuro rispetto a chi è rimasto sulla Terra. Per noi saranno passate, per dire, un paio di settimane, ma per i terrestri saranno passati decenni (sparando numeri a caso, ovvio, lo scorrere del tempo, ripeto, dipende dalla forza gravitazionale).
Naturalmente, non si tratta di una teoria buttata sul tavolo a caso: tra il 1912 e il 1919, si è potuto notare come la luce subisse delle variazioni in fatto di spaziotempo quando attraversava una massa dotata di forza gravitazionale. Questo fenomeno è stato battezzato lente gravitazionale.
Poi, quando si parla di buchi neri e spaziotempo, vuoi che non vegano in mente i famosi wormhole?
Letteralmente “buco del verme” in italiano (un verme, per passare da una parte all’altra della mela, mica fa il giro! Si crea una scorciatoia in mezzo al frutto), i wormhole sono delle vere e proprie “scorciatoie” spaziotemporali, che permettono, tramite il piegamento dello spazio e del tempo, di spostarsi da un punto A a un punto B più velocemente. Si tratta ancora di fenomeni teorici e non osservati in natura, a differenza dei buchi neri. Nel 2019 è stata scattata una foto che immortala, per la prima volta nella storia, un buco nero (fonte, Skytg24)
Allo stesso modo dei wormhole, non sono stati ancora osservati i buchi bianchi, la controparte dei buchi neri: se infatti niente è in grado di uscire da un buco nero, niente è in grado di entrare in un buco bianco. Ma fermiamoci qui, per il momento, altrimenti viene fuori un papiro immenso e si perde il filo del discorso.
Però, dopo tutta questa filippica, non so se vi siete accorti di una parola magica fondamentale: futuro.
Infatti, tutte queste osservazioni ci fanno capire che il viaggio nel futuro è decisamente più fattibile del viaggio nel passato.
Questo non solo per la quantità di energia negativa che servirebbe a tale scopo e di cui non disponiamo (almeno, non ancora), ma soprattutto per i paradossi.
Germain Tobar, studente della School of Mathematics and Physics dell’Università del Queensland, insieme al fisico Fabio Costa, sta cercando di rendere attuabile il viaggio nel tempo. La sua ricerca è stata pubblicata come “Reversible dynamics with closed time-like curves and freedom of choice” (cliccate sul nome della ricerca per poterla leggere).
E ciò che sta cercando di capire Tobar, tra le altre cose, è se il cosiddetto “paradosso del nonno” sia davvero uno scoglio insormontabile.
Vi dirò… tra paroloni come lente gravitazionale, buchi neri, spaziotempo, relatività ristretta e generale, non mi aspettavo di certo la comparsa di un nome così spiritoso, anche se devo dire che la traduzione di wormhole in “buco del verme” tocca vette inarrivabili.
Tornando seri, che diavolo è il paradosso del nonno? Immaginate di tornare indietro nel tempo e di voler uccidere vostro nonno. Il motivo per cui si desideri uccidere il nonno? Boh, ognuno avrà il suo.
Riuscendo nell’impresa, teoricamente, avrete impedito la nascita di vostra madre e, di conseguenza, la vostra. Se voi non foste nati, non sareste nemmeno riusciti a tornare indietro nel tempo per uccidere il nonno e fare questo casino.
Capito? Un paradosso bello e buono che renderebbe in effetti impossibile il viaggio indietro nel tempo.
Ma, ma, ma… fermi un attimo! Ciò sarebbe vero pensando al principio di causa – effetto, quel principio strettamente connesso al concetto di entropia (una grandezza della meccanica statistica che funge da misura del disordine presente in un sistema fisico). Ogni azione che genera una reazione, secondo questo principio, seguirebbe la cosiddetta “freccia del tempo”, se si immagina esso come una vera e propria linea retta che segue un’unica direzione. Se spari un colpo di pistola e prendi in pieno il cuore di qualcuno, c’è solo la morte, non esisterebbe la possibilità di riportare in vita quella persona.
Ma esiste un’altra ipotesi: quella del multiverso. In questo caso, il paradosso non sarebbe una contraddizione, in quanto ogni azione “diversa” da quella che conosciamo, creerebbe un nuovo segmento, una nuova realtà. Se ammazziamo “la vecchia col flit” (“Chi ha incastrato Roger Rabbit?” docet), verrà a crearsi una nuova realtà parallela alla nostra, un altro universo, dove la vita scorrerà senza la “vecchietta” di mezzo (quella del film di Roger Rabbit), mentre la nostra realtà non verrebbe intaccata, perché la “vecchia” non è stata effettivamente uccisa nel nostro universo.
Ma anche senza implicare per forza un omicidio o comunque un cambiamento significativo, già il nostro viaggiare indietro nel tempo verrebbe considerato come una sorta di “interferenza” e quindi anch’esso creerebbe un universo parallelo.
Il grande Stephen Hawking, invece, non era d’accordo: elaborò infatti una congettura di protezione cronologica che rende impossibile a priori il viaggio nel tempo, tenendo in considerazione le nostre leggi della fisica. I motivi di tale affermazione, tuttavia, rimangono ancora oggi sconosciuti.
Un’altra congettura interessante è quella del principio di autoconsistenza di Novikov, che prende il nome dal fisico russo Igor Dmitriyevich Novikov, ancora in vita. Secondo tale principio, il viaggio nel tempo sarebbe possibile, ma qualsiasi azione effettuata nel passato non produrrà segmenti alternativi e realtà parallele, ma porterà inevitabilmente al presente per come lo conosciamo.
Per spiegarvi meglio: sempre prendendo come esempio il paradosso del nonno, uccidendolo non cambieremo niente. Anzi, magari abbiamo ammazzato quello che pensavamo essere nostro nonno, quando invece il nostro nonno naturale poteva essere qualcun altro. In ogni caso, il nostro viaggio nel tempo si trasforma in una condizione che realizza il passato così come ci è stato presentato comunque in precedenza.
È scontato dire che tutte queste gatte da pelare non riguardano il viaggio nel futuro, perché nel futuro non esistono paradossi, dato che qualsiasi azione non sarà ancora avvenuta.
Insomma, tante domande e poche risposte dal punto di vista pratico. Solo una cosa è certa: “Interstellar” e la famosissima saga di “Ritorno al futuro” sono alla pari di cento articoli di fisica e matematica!
Pensandoci, però, il viaggio nel tempo potrebbe essere stato creato nel futuro… perché no? Esistono svariate fotografie apparentemente inspiegabili di persone o oggetti che gridano anacronismo, come quella famosa immagine dove un uomo sta guardando uno smartphone nel 1943! Oppure, negli USA, un uomo che ha superato il test del poligrafo ha dichiarato di provenire dall’anno 6491.
Ovviamente si tratta di notizie e aneddoti decisamente contestabili, ma il pensiero, naturalmente, “parte per la tangente”.
Per quanto mi riguarda, ho sempre avuto “timore”, per così dire, di qualsiasi cambiamento effettuabile nel passato. Credo nella teoria del multiverso, quindi non dovrei preoccuparmi, ma credo anche che non si debba giocare con lo spaziotempo e rispettare quello che è il normale decorso del tempo stesso, seguendo la direzione del principio causa – effetto.
Ovviamente, quando si parla di tornare indietro nel tempo per rivivere certi attimi con una persona amata che nel presente non c’è più o salvare qualcuno da morte certa, sarebbe davvero meraviglioso. Avvertirlo in tempo, ripercorrere certi momenti insieme, far sì che non accada niente che possa fargli del male, visto che si è già a conoscenza del futuro.
Io non viaggerei mai nel futuro. Mi godo il viaggio del presente, perché non mi interessa scoprire cosa succederà.
Ma ancora una volta, si parla, almeno per il momento, solo di teorie. Teorie che, si spera, arriveranno a una svolta pratica.
Penso che la citazione più indicata per chiudere in bellezza sia quella di Jeremy Irons, celebre attore vincitore dell’Oscar a Hollywood come miglior attore nel 1991: “Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo. Alcune ci riportano indietro, e si chiamano ricordi. Alcune ci portano avanti, e si chiamano sogni.”