Privacy Policy

Fantasmi e spiriti del Giappone – Tenoha

Chi non è minimamente attratto dal Giappone? Credo che siano davvero in pochi coloro che non provano neanche un pizzico di fascino pensando alla terra del Sol Levante. D’altronde, si rimane sempre stregati quando ci si affaccia a mondi completamente diversi dal nostro… ma il Giappone è diverso: è uno di quei pochi luoghi che possiede una cultura, un folklore e un’atmosfera unici nel suo genere, riconoscibili tra mille e mila scenari differenti… una terra lontana che desta incanto e trasuda magia ogni volta che viene nominata.

Le sue tradizioni, insieme a tante altre dei più disparati popoli del mondo, sono pian piano entrate a far parte della vita di noi occidentali.

Sempre più persone hanno cominciato a interessarsi agli usi e costumi dei nipponici, non solo in ambito culinario (quanti ristoranti di sushi sono spuntati fuori come funghi negli ultimi anni? E soprattutto quanto di noi si strafogano come facoceri quando si trovano davanti nighiri, ikura, sashismi e compagnia bella?), ma anche in campo esoterico.

E sono sicurissima che chi è appassionato di storie riguardanti i fantasmi giapponesi, come me, avrà pensato subito a Kayako Saeki e Sadako Yamamura (quest’ultima, forse, è più conosciuta da noi occidentali con il nome Samara), i due yūrei (o se vogliamo essere più specifici, onryō) antagonisti rispettivamente dei film “Juon” e “Ringu”, da cui poi sono stati ricavati i due celebri remake americani, “The Grudge” e “The Ring”.

Kayako Saeki
Samara

Esistono due libri meravigliosamente illustrati da Benjamin Lacombe e scritti da Lafcadio Hearn, intitolati rispettivamente “Storie di fantasmi del Giappone” e “Spiriti e creature del Giappone”, che vi consiglio assolutamente di acquistare.

Sono proprio queste due opere d’arte a essere la fonte di ispirazione per l’inaugurazione della mostra “Fantasmi e spiriti del Giappone”, cominciata il 9 settembre dell’anno corrente 2022, al TENOHA Exibition di Milano (Via Vigevano 18).

Io ho avuto modo di visitarla la sera di Halloween (bellissimo modo alternativo e direi anche azzeccato per festeggiare questa festività pagana, invece di buttarmi in un locale a caso… io di solito vado a Gardaland, voi come lo passate Halloween?)… e mi è piaciuta così tanto che ho deciso di parlarvene in questo articolo e di condividere con voi quelle che sono state le mie impressioni e sensazioni al riguardo.

Ve lo dico subito, cosicché chi ancora non ci è stato possa organizzarsi: la mostra rimarrà attiva fino al 15 gennaio 2023 e i biglietti sono acquistabili sul momento, di persona, oppure online sul sito del TENOHA.

 

Il viaggio nel mondo dei morti comincia con l’assegnazione a ognuno dei visitatori del proprio tegata. Con questo termine si identifica un vero e proprio passaporto di legno che veniva utilizzato dal popolo nipponico nel periodo Edo (conosciuto anche come periodo Tokugawa, tra il 1603 e il 1868) per viaggiare regolarmente tra una regione e l’altra. Tuttavia, il tegata era anche un oggetto che fungeva da protettore per la sicurezza e la pace della famiglia.

Direi che già questa trovata per il biglietto d’ingresso riesce a far immergere fin da subito nell’atmosfera della tradizione nipponica: effettivamente, come si può pensare di compiere questo viaggio nell’aldilà senza un passaporto adeguato, senza un tegata?

Ovviamente, quello che viene fornito non è fatto in vero legno, è un semplice cartoncino attorno al quale bisogna legare una cordicella che viene fornita insieme al biglietto. Si esprime un desiderio mentre si fa questo piccolo nodino e poi… si attraversa il ponte rosso, che separa (o congiunge, in questo caso) il mondo dei vivi da quello dei morti.

Tra le entità in cui potrete incappare durante il vostro peregrinare, possiamo contare l’Ikiryō (conosciuto anche come shōryō, seirei o ikisudama), letteralmente un “fantasma vivente”: in Giappone, se qualcuno prova un rancore intenso nei confronti di un altro individuo, il suo spirito può lasciare il suo corpo vivente, per tormentare o maledire la vittima in questione.

 

Oppure, potete imbattervi nella leggenda del ragazzo che dipingeva gatti. Dopo averli disegnati, i felini sarebbero diventati reali, secondo il principio della metamorfosi nipponico: un disegno che si tramuta nella sua versione tridimensionale, prima di tornare alla sua forma originaria.

La terra dei fantasmi è estremamente affascinante. Ogni stanza è sapientemente costruita per rappresentare al meglio la storia di ogni singolo spirito o spettro che ci viene presentato… ma bisogna fare molta attenzione: quando si esplorano i luoghi oltre il ponte rosso, è molto facile perdersi. Ma non si deve avere paura: i Kodama guideranno il vostro cammino.

I Kodama sono degli spiriti che, secondo il folklore giapponese, risiedono negli alberi. In principio, essi erano considerati dei kami, ovvero delle divinità della natura, ma successivamente al periodo Edo, diventarono yōkai, cioè spiriti onnipresenti. Nonostante nessuno sappia in realtà quale sia il vero aspetto dei kodama, data la miriade di congetture in merito, al Tenoha sono stati realizzati nello stesso modo in cui ce li ha mostrati il Maestro Hayao Miyazaki nel suo “Princess Mononoke”: dei piccoli omini bianchi, sparsi qua e là lungo il percorso della mostra, pronti a guidarvi lungo le varie stanze e i vari corridoi, per far sì che non vi perdiate. Basta osservare bene le pareti, il pavimento o il soffitto per scorgerne uno che vi indichi la via giusta.

Vengono menzionati anche i Rokurokubi, un tipo di yōkai (che si può tradurre come “spettro” o “demone”) che di giorno appare come un normalissimo essere umano, integrato nella società, con rapporti sociali, lavoro, casa… tutto tranquillo. Ma ecco la particolarità: di notte, il suo collo si allunga a dismisura, peggio di quello di una giraffa. A volte, la sua testa si stacca di netto e fluttua nel buio, alla ricerca di un povero malcapitato da tormentare.

Parlando di miti e leggende giapponesi (o per meglio dire Kwaidan, termine che designa tutti quei racconti che narrano di spiriti e spettri), come si può non tenere un posto a tavola anche per la storia di Urashima Tarō e del regno del Dio Drago Marino? E ancora, la fiaba di Ito Nurisuke e della sua sposa fantasma…

E perché non narrare anche il legame instaurato tra il samurai Jiu Roku Zakura e un albero di ciliegio, simbolo per eccellenza del Giappone?

E sempre in riferimento agli yōkai, di certo non potevano non includere il famoso Kappa (no, non è il protagonista di “Men in Black”): un essere basso quanto un bambino, dalla pelle verde e squamosa, mani e piedi palmati come quelli di un anfibio, becco d’uccello e guscio di tartaruga sul dorso, con una cavità rotonda piena d’acqua nel cranio (ora che ci penso… il Kappa compare anche nel bestiario del mondo di “Harry Potter”… e io ne ho adottato uno nel gioco di “Hogwarts Mystery” sul cellulare!). Queste creature, che vivono nei corsi d’acqua, si divertono, per così dire, aggredendo gli sventurati che gli ronzano attorno ignari. Un modo per ingraziarsi un Kappa? Dargli un cetriolo! (Ed effettivamente è quello che faccio anch’io in “Hogwarts Mystery”)

E poi… la Kitsune, la divinità volpe che prende le sembianze di una bellissima donna per ingannare i mortali.

Sempre parlando di donne incantevoli, una menzione particolare va a Yuki-Onna, una figura che compare agli occhi dei viaggiatori durante le tempeste di neve nei boschi… così bella, così eterea da essere l’entità di apertura della mostra, in mezzo ad alberi innevati. Ma non bisogna lasciarsi ingannare dalla sua bellezza, poiché ella incute terrore e porta presagi di morte.

Ognuno di questi kwaidan, nella mostra, ha a disposizione due stanze, decorate apposta per rendere ancora più reale la leggenda di cui si parla: nella prima stanza, attraverso una serie di immagini (le stesse che potete trovare nei libri illustrati che ho menzionato sopra e che si possono tranquillamente acquistare nello shop, alla fine), viene raccontata la storia nei dettagli. In seguito, si attraversa un passaggio che conduce in uno spazio interamente allestito secondo quanto si ha appena appreso, per un’esperienza totalmente coinvolgente, sorprendente e anche divertente. Infatti, nella maggior parte dei casi, si può interagire con alcuni oggetti di scena, per scattare foto o immergersi ancora di più nel racconto.

 

Naturalmente, evito di parlarvi nel dettaglio di ogni leggenda o di ciò che potete trovare in ogni stanza, perché è molto meglio scoprirlo da soli.

Posso dire in tutta franchezza che questa è stata una delle più belle mostre a cui abbia mai avuto modo di assistere! Lascia davvero a bocca aperta osservare non solo le magnifiche illustrazioni di Benjamin Lacombe, ma anche l’ambientazione creata ad hoc, con fedeltà, intelligenza e creatività.

E poi non posso non suggerirvi di fermarvi a mangiare o bere qualcosa nel ristorante lì presente. Il Tenoha si divide in due spazi precisi, per permettervi di assaggiare pietanze tipiche giapponesi: in una si mangia solo ramen, nella seconda altri piatti locali. E non sto parlando del semplice sushi, infatti qui troverete solo un piatto a base di sushi.

Personalmente, mi sono mangiata un gustosissimo kamoneghi (petto d’anatra marinato in salsa di soia e yuzu, erbette, alga kombu, olio di sesamo e salsa gremolada allo yuzu), accompagnato da del buon sakè da pasto.

Altro particolare che rende questa esperienza un vero e proprio viaggio a 360 gradi in Giappone… è la toilette! Non sto scherzando: hanno installato i WC con bidet incorporato, esattamente come quelli tipici della terra del Sol Levante! Sembrerà strano consigliarvi di andare alla toilette, ma provatelo, anche solo per farvi due risate (soprattutto se prima avete alzato un po’ il gomito con il sakè…).

Dopo questo “momento demenza”, non posso fare altro che incentivarvi a visitare questa mostra, non ve ne pentirete affatto… vi lascio non con una vera e propria citazione, ma con il monito sussurrato dai piccoli kodama all’interno del tunnel buio che vi condurrà nel mondo dei morti: “Non attraversare il ponte rosso…”

 

Scritto da Camilla Marino